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Come pesci fuor d’acqua sulla cresta dell’onda

Come pesci fuor d’acqua sulla cresta dell’onda.

L’altro giorno, che nommeloricordo ma forse era ieri, era giorno di sfanculamenti.
E già che lo sfanculamento è ovunque, non sembri affatto cosa strana che l’altro giorno fosse giorno di sfanculamenti.
Simona e Gianfilippo, per esempio, lo sanno.

A ogni modo.
L’altro giorno, che nommeloricordo ma mi sa che era proprio ieri, si discuteva di questo: del fatto che, sì, la merda e lo sfanculamento sono dappertutto, ma non è una novità, non è mica cosa strana. Sarebbe strano il contrario.

L’altro giorno, sì, era ieri, ne sono sicuro, ora meloricordo, si discuteva del fatto che bisognerebbe fare uno sforzo, ma uno sforzo tutti assieme, noi che stiamo dentro lo sfanculamento, uno sforzo per cercare di non affogare, uno sforzo per guardare altrove, a ogni costo, che non significa distogliere l’attenzione dai problemi o non affrontarli, perché, cazzo, noi siamo quelli che i problemi li affrontiamo ogni giorno, ogni mattina, noi ci siamo abituati, ai problemi, non si abbia paura a dirlo.

Noi siamo quelli che, siccome lavoriamo, non si sa ancora per quanto ma lavoriamo, allora siamo fortunati. Il padrone ci chiama fortunati. La mamma ci chiama fortunati. Il commercialista ci chiama fortunati. L’ingegnere ci chiama fortunati. Il politico ci chiama fortunati. Lo studente ci chiama fortunati. E anche gli altri, quelli che non lavorano, ci chiamano fortunati, e siccome siamo fortunati dicono che non ci è permesso di far storie, di protestare. Ogni giorno ci prendiamo le bastonate, e pure i calci in culo. Ma zitti, ché siccome lavoriamo, siamo fortunati. Ma zitti, ché siccome siamo fortunati, è meglio se non parliamo. Bastonate & calci in culo. E zitti. Che a un certo punto uno pensa: quasi quasi è meglio non averlo, un lavoro, se averlo significa essere presi a bastonate e a calci in culo. E zitti, pur se fortunati.

L’altro giorno, ieri, perlappunto, si discuteva del fatto che questo qui non è un discorso in cui c’entra la speranza, la speranza non c’entra un bel niente, questo qui è un discorso in cui c’entrano tante altre cose.

I sorrisi di chi ci vuol bene, c’entrano. La musica che ci piace, c’entra. La pizza con i carciofini, ma quelli veri, le frittate agli asparagi l’odore del sapone di Marsiglia, c’entrano. I libri noir, il rock’n’roll, i tuffi dagli scogli, la pasta ai ricci, il blues, il decollo di un aereo, i saluti ciaociaociao dal ponte della nave per Civitavecchia, l’odore della legna che brucia, c’entrano. Il postino che bussa alla porta, una buona notizia e la sorpresa che non ti aspetti, sennò che sorpresa sarebbe, c’entrano.

Poi, certo, capita che il postino bussi alla porta e ti consegni un mazzo di bollette da pagare, altro che buone notizie, altro che sorprese. Altro che fortunati.

E allora ti chiedi: la speranza? Cosa c’entra la speranza?
Ecco, l’ho già detto, lei non c’entra.

A ogni modo.
L’altro giorno, sempre ieri, si discuteva del fatto che persino Bob Dylan sembra scazzato. Bob Dylan ha appena pubblicato un disco, un disco nuovo con canzoni nuove. Ed è in tour, Bob Dylan, mica a dar da mangiare ai cavalli in qualche fattoria del Dakota. Bob Dylan e la sua Band stanno girando gli Stati Uniti d’America, per promuovere il nuovo disco. Bello, tu pensi. Lo zio Bob che sale sul palco e ti canta qualcosa di nuovo. Bello, tu pensi. È un disco di nuove canzoni da cantare, di storie lunghe e affascinanti, come ai bei tempi. E Bob Dylan ce le suonerà e ce le canterà, le sue nuove canzoni. Bello, tu pensi.

E invece no. Non è così. Bob Dylan fa un tour per promuovere il suo nuovo disco, ma del suo nuovo disco, nelle scalette dei concerti, non c’è traccia. Ecchecazzo, tu pensi, questa sì che è una mossa da Bob Dylan.

Ma che c’avrà mai Bob Dylan, che non ci vuol cantare le sue nuove canzoni?
Forse è scazzato. Forse anche lui è dentro lo sfanculamento globale. Forse non sa come pagare le tasse. Forse ha perso la speranza. Forse s’è solo rotto di cantare e di suonare. Punto.
Sì, forse è così.

E se s’è rotto Bob Dylan, figurarsi noi.

 

Scale mobili.
Lei sta ferma, e spera
Nella fine del black-out.

 

 

 

 

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