La manopola

La manopola.

Cagliari, autobus.
Il tizio sulla settantina, riportino unto e pancia prominente, è seduto a fianco al finestrino e parla al telefono. Di tanto in tanto si tocca la patta dei pantaloni.

– E che cosa ci vuoi fare? Non gli puoi tenere rancore. No. Quattrocento, prendo. Adesso… come faccio a tenere, mettere benzina e tutto? Se si ferma la macchina. Boh. Non la uso, allora. Eh… prima mi serviva per lavoro. Ma adesso per cosa mi serve? Per camminare? Ma poi, ti devo dire. Ti devo dire. Ma poi mi vergogno. Anzi, gliel’ho anche detto. Te la compravi, una macchina. Piccolina. E te la guidavo io. Gratis. Andavi dove volevi, no? Eh be’, quando ci sono queste persone… così ammalate e tutto… Lo facevi, quando volevi farlo. Volevi andare in un paese, e ci andavi. Che poi. No, no… Anche lei sa fare le iniezioni. Quelle intramuscolari. Ah, sì, sì. Ma io gliel’ho detto. Se vuoi vieni, le ho detto, vieni con me, vado in chiesa, faccio il rosario, ascolto la messa, tanto poi pian piano ti sciogli, è giusto? Pian piano, come ho fatto io. Eh… io mi sono impegnato, a destra e sinistra, fino a che, insomma… Te l’ho detto, che il lavoro aiutava molto. Molto. Mentalmente. Il lavoro ti aiuta economicamente e mentalmente. Eh… Ma io. Ascolta a me. Ma io lo stavo facendo. Però. Riflettevo e… Se non ti danno almeno cinque euro… Almeno. Quando mi è capitato, quando io ho pulito anche… Oh… E io facevo un’ora cinque euro. Tutto sudato. E dal picco che sbattevo sulla pietra uscivano scintille. Lo sai? Eppure l’ho fatto. Tanto per essere impegnato, per fare qualcosa. Eppure l’ho fatto. E poi adesso voleva… e coso… sì, le ho detto, ti lavo, ti taglio le unghie, ti lavo fino alle ginocchia e poi la schiena. Però… la manopola invece te la lava l’altro. Eh, be’, quella no… La manopola no… E comunque non m’ha chiamato, adesso, ha detto che c’è freddo. Quando mi chiama… Eh, ma questo qui è un uomo che non si lava, capito? Eh… ci sono delle persone che non lo fanno, eh. Tu sei sulla normalità. Come te ce ne sono tante altre. Ma ci sono anche molti che non lo fanno. Oh… ma… brava! Sulla normalità. Guarda, è così, che cosa ci devi fare? Non siamo tutti uguali. Me l’hai detto cento volte. Sei ripetitiva. Eh… Ripeti sempre le stesse parole. Adesso però non dici più… No. Io non sono ripetitivo. Prima dicevi Capito? Capito? Capito? Eri ripetitiva. E certo che l’avevo capito. Mi dicevi Mettitelo bene in testa. Ma no… Quello si dice a un bambino, si dice, Mettitelo bene in testa. Ma… No… Io non è che ti voglio correggere. Io te lo dico. Come… Hai visto signora Maria? Quando parla, quella donna lì, mamma mia… Poi alza la voce. Mia figlia è ammalata! E cosa ci interessa che la figlia è ammalata? Io vivo di questa misera pensione! E c’ho la casa quattro mura, c’ho! Ma… E certo. I mobili non c’entrano niente, quella che vale è la casa. La posizione. Ed è ben messa, quella casa… Oh, è proprio in centro. Di fronte alla chiesa. Come punto è anche meglio del tuo, di dove abiti tu. Tu sei più rinchiusa. Lei è proprio di fronte alla chiesa. Ferma il pullman lì. E… e poi, se non hai la possibilità. Ha detto Io mantengo anche mia nipote! E deve far sapere le cose agli altri. Io le cose mie non le dico. Come non voglio sapere le cose degli altri… E ma io lo stesso… Hai visto, io mi confido con te… E l’altro giorno c’era il prete con un altro che viene in chiesa. E gli ho detto Padre. Ma lui mi ha detto No, io sono madre. Ma… gli ho detto Ma che cos’è, gay? Boh… Aver detto così. Il prete. Ha detto Io sono madre due volte. Eh… Quello lì… il prete dove vado sempre io… Boh. Io sono madre due volte, mi ha detto. Boh. Non lo so. Madre. Essendo maschio è padre, secondo me. Madre se sei femmina. Oppure Don. Eh.. Din don. Eh, eh, eh. Boh… non lo so a che significato l’abbia voluto dire. Boh. Io l’ho capita in quel modo. Poi. Boh. Lui magari l’avrà detto in un altro modo. Eh… non lo so. No, no. Io sono Don Claudio. Claudio Baglioni. Eh, eh, eh. E poi c’è mio fratellino. E tu… Tu sei Suor Letizia. No, anzi, Suor Vincenza. Eh… Lo so che non sei suora. Ma tu sei suora a metà. Sei suora mentalmente. Ti piace molto il chiuso. Sì, sì. Tu sei suora a metà. Eh… Però a tuo marito tu gli hai voluto bene. Devi dedicargli una festa. Ricordatelo. Perché non vai al cimitero domani? Eh… Oh, va bene. Però fagli una preghiera a tuo marito, perché gli hai voluto bene. No… Non me lo ricordo, però, avete vissuto molti anni insieme. E non è il numero. Ci hai fatto la famiglia. Ci hai fatto la vita, con quell’uomo… Il nostro… No… Io non mi paragono a tuo marito, anche se è morto. Prima c’è lui. Ci mancherebbe. Io sono a livello amichevole. Però prima c’è lui. Eh. Tuo marito. Hai visto… hai visto che cosa ti sto dicendo? Eh… è giusto che sia così. Certo che lo capisco. Eh… è come mia sorella, tanti anni anche lei. E quindi… non riesci. Mi ha detto Devo rimanere sola in casa. Nipoti? No, no. Che poi quando diventano grandi, ce li hai in casa. Diventano padroni. Capito? Eh… ma tu… ma tu… No, mi ha detto, mi compro una roulotte. Certo… E se ne va vicino alla figlia. Almeno si vedono. Eh.. ma la casa… Prima le faceva compagnia il marito. Adesso… Io le faccio compagnia due o tre ore. Poi… Più di tanto no. Eh… No, no, è una che rompe i coglioni, scusami il termine… E poi noi siamo diversi… La nostra vita… la nostra vita l’abbiamo svolta fuori. Sulla strada. Altro che casa… Capito? Be’, ora devo scendere. Sì… Sì… Va bene. Ciao, ciao. Già ti chiamo io… Va bene. Sì… Sì… Ricordati di pregare per tuo marito, però. Va bene?
 

 

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