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Atto di dolore di un lavoratore (revisited)

Atto di dolore di un lavoratore (iscritto regolarmente al sindacato) REVISITED.

Siccome le cose non cambiano mai.
Siccome non si sa se le cose cambieranno.
E siccome cambiano i padroni (si fa per dire) ma non cambia la sostanza delle cose.
A richiesta, si è costretti a rispolverare l’atto di dolore che ogni lavoratore dovrebbe stampare e tenere nel cassetto o nel portafogli o sulla scrivania o in macchina, di modo che alla bisogna possa essere recitato e, nel caso, imparato a memoria.

***

Mio Padrone, mi pento e mi dolgo

O Padrone

Tu che mi concedi la grazia e l’onore di poter lavorare ogni giorno nella Tua azienda, nella Tua splendida azienda, anche se talvolta lo splendore noi non lo vediamo, noi, ciechi e umili dipendenti, perché noi non siamo in grado di comprendere la Tua parola

noi non capiamo che se tutto va a rotoli, se Tu non fai investimenti, se Tu mandi via i collaboratori, se Tu ami circondarti di persone incompetenti, se Tu non ci consenti di svolgere il nostro lavoro come sappiamo, come sapremmo e come dovremmo fare, se Tu ti ostini a modificare ruoli e mansioni del personale, se Tu insulti la nostra intelligenza, se Tu pretendi di fare carta straccia delle regole e dei contratti di lavoro, noi non capiamo che se Tu mortifichi le nostre professionalità è soltanto per il nostro bene

oh, sì, noi, insipido popolino, ciurmaglia di bassa levatura, non lo capiamo, non siamo in grado di capire

O mio Padrone

O mio Padrone, Tu, che non ci paghi lo stipendio (odioso e volgare denaro!) per aiutarci a capire fino in fondo il valore della povertà e dell’indigenza, Tu, che pure i soldi (tanti) dalla Regione e dallo Stato li prendi, o Padrone, fulgido e glorioso esempio di rettitudine morale, costretto a intascare vile, putrida e puzzona moneta, al solo scopo di darci alfine nobile e imperituro insegnamento

Tu, Padrone, sappi che

mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati di onesto lavoratore, perché peccando e lavorando e facendo il mio mestiere ho meritato i Tuoi castighi

e molto più perché nel chiederTi rispetto delle leggi e delle norme contrattuali, nel chiederTi il pagamento puntuale degli stipendi (che orgogliosamente ci siamo decurtati del 35 per cento, per stare lontani da tutte le tentazioni del capitale e della ricchezza) so di peccare e di peccare e di peccare, anche vergognosamente, me tapino

O Padrone

sappi che mi pento e mi dolgo perché nel chiederTi il pagamento del salario ho offeso Te, così infinitamente buono e degno di essere amato sopra ogni cosa

O Padrone

propongo con il Tuo Illuminato Aiuto di non offenderTi mai più, e di fuggire le occasioni prossime di peccato

O Padrone, misericordia, perdonaci.

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