Gli occhi di Alì

Gli occhi di Alì.

A proposito di migranti. Quasi cinquant’anni fa c’era già chi aveva previsto che cosa sarebbe accaduto ai giorni nostri sulle coste italiane.
Forse non era difficile immaginarlo. Forse era l’azzardo di un poeta. O forse Pier Paolo Pasolini aveva capito più di tanti altri suoi coetanei che cosa sarebbe stato il Mediterraneo nel ventunesimo secolo.

(…)

Alì dagli Occhi Azzurri uno dei tanti figli di figli,
scenderà da Algeri, su navi a vela e a remi. Saranno
con lui migliaia di uomini coi corpicini e gli occhi
di poveri cani dei padri sulle barche varate nei Regni della Fame.
Porteranno con sé i bambini,
e il pane e il formaggio, nelle carte gialle del Lunedì di Pasqua.
Porteranno le nonne e gli asini, sulle triremi rubate ai porti coloniali.
Sbarcheranno a Crotone o a Palmi,
a milioni, vestiti di stracci asiatici, e di camicie americane.
Subito i Calabresi diranno, come da malandrini a malandrini:
«Ecco i vecchi fratelli, coi figli e il pane e formaggio!»
Da Crotone o Palmi saliranno a Napoli, e da lì a Barcellona,
a Salonicco e a Marsiglia, nelle Città della Malavita.

(…)

Deponendo l’onestà delle religioni contadine,
dimenticando l’onore della malavita,
tradendo il candore dei popoli barbari,
dietro ai loro Alì dagli Occhi Azzurri – usciranno da sotto la terra per uccidere – usciranno dal fondo del mare per aggredire – scenderanno
dall’alto del cielo per derubare – e prima di giungere a Parigi
per insegnare la gioia di vivere,
prima di giungere a Londra
per insegnare a essere liberi,
prima di giungere a New York,
per insegnare come si è fratelli
– distruggeranno Roma
e sulle sue rovine
deporranno il germe della Storia Antica.
Poi col Papa e ogni sacramento
andranno su come zingari verso nord-ovest
con le bandiere rosse di Trotzky al vento.

(…)

Pier Paolo PasoliniAlì dagli occhi azzurri, Milano, Garzanti, 1965

 

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