Il perastro

Il perastro.

Questo è uno scritto che risale a tre anni fa e che ho già pubblicato qui sul sito. Si intitolava “La benzina non è poetica”. Oggi lo ripropongo con un titolo diverso e una dedica speciale.

A Nicola.

Certe cose, chissà com’è, mi capitano solo quando viaggio con determinate persone. Quando viaggio con Viviana, Elio, Nicola e Roberto, di cose ne capitano a bizzeffe. Cose strane e buffe, è inutile sottolinearlo.
L’altra sera ci siamo messi in viaggio verso Laconi per partecipare alla rassegna “Atòbios de Cultura”, dove abbiamo presentato il reading di “Non Sto Tanto Male”. Io, Viviana ed Elio in una macchina. Nicola e Roberto in un’altra. E gli strumenti appresso, le chitarre e il contrabbasso, dentro una Golf. Che la gente dice “ma come fanno a starci un contrabbasso e due chitarre dentro una Golf?”. Ci stanno, ci stanno. Un po’ si nota, che dentro la Golf c’è un contrabbasso. Ma non è quello il punto. Il punto è che insieme al contrabbasso e alle chitarre, nella Golf, ci stanno pure Roberto e Nicola.
“È solo una questione di razionalizzazione degli spazi”, dice Nicola con quella sua voce un po’ in falsetto.
“Ma infatti”, gli dico io.
A ogni modo, siamo in viaggio tra Isili e Nurallao quando di colpo il paesaggio diventa fiabesco. Rocce bianche, ponticelli, un fiumiciattolo, un lago. Rallentiamo, ci fermiamo sul ciglio della strada, scendiamo dalle macchine.
Siamo un gruppo eterogeneo, per non aggiungere altro. Viviana indossa un abito da sera, nero, scarpe tacco dodici; Elio una maglietta sbarazzina e un paio di bermuda a quadretti; io, Nicola e Roberto abbiamo un’aria leggermente più sobria, ma non meno trascurata. Osserviamo il paesaggio da una certa distanza. Sembra uno scorcio di Scozia, o un lembo di qualche altro paese nordico. Bello davvero. Dalla strada si vede anche un isolotto sulla cui sommità si staglia il profilo della chiesetta di San Sebastiano. Svetta su uno sperone roccioso circondato dal lago artificiale della diga di Is Barrocus. Incantevole.
Viviana scatta qualche foto. Elio si accende una sigaretta. Roberto consiglia di allontanarsi dal bordo strada, che le altre auto, poche a dire il vero, sfrecciano velocissime rasenti la piazzola. Fatto sta che a un certo punto mi volto e vedo Nicola ai piedi di un piccolo pero selvatico, intento a raccogliere frutti dall’aria acerba e poco significativa. Raccoglie quattro pere, sono proprio minuscole. Me ne porge un paio.
“Secondo me non sono commestibili”, dico, “sono indigeribili”.
“Ma scherzi? Abbiamo assaggiato cose ben più dure”, dice Nicola.
E comincia a morderne una, a sgranocchiarla con gusto. Lo guardiamo con aria sospettosa. Poi Elio dice qualcosa riguardo al fatto che, agli occhi di un estraneo che si trovi a passare per caso da quelle parti, dobbiamo sembrare un ensemble per lo meno un po’ bizzarro: una donna in abito da sera, tre uomini dall’aspetto trasandato, due chitarre e un contrabbasso stipati nelle auto (per tacer dell’uomo sotto il perastro). Annuisco, sorrido. Mi sembra tutto molto poetico. Mi piace.
Risaliamo in macchina, ripartiamo. La strada sale verso i boschi di Laconi, il sole rosso alle spalle. Mi rivolgo a Elio e a Viviana. Dico, “Ma quanto sarebbe bello mollare tutto, prendere l’auto e via, così, on the road, senza meta, all’avventura, eh?”. Scorgo un brillio negli occhi di Elio. Il tono di Viviana, invece, è impassibile: “E la benzina chi la paga?”.

 

nicola cossu

nella foto, Nicola Cossu

 

 

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