Molto macchiato

Molto macchiato.

Il bar, in una via del quartiere di Is Mirrionis, è arredato con quadri, fregi e sculture che strizzano l’occhio all’art nouveau. I tavolini sono tondi e ci sono anche degli sgabelli. Dietro il bancone, un uomo sui trent’anni, occhiali e baffi a pennetta, armeggia con la macchina del caffè. Davanti a lui un cliente sui sessantacinque, indossa una polo chiara, i suoi capelli sono pettinati all’indietro. Poggia i gomiti sull’acciaio e ribadisce la propria scelta. Mi raccomando, molto macchiato, dice. In sottofondo, a volume accettabile, risuonano le note di un brano strumentale andino.
Tutti pazzi per Vasco, eh. Dice il cliente.
Il barista serve il caffè. A me non piace, dice.
Il cliente apre una bustina di zucchero. Mi ricordo i concerti alla Fiera negli anni settanta, dice. Gli Hinti Limani, bei tempi.
Chi?
Hinti Limani. Con la acca. Il pueblo unido serà servido. Non li conosci? Avevo anche la cassetta, stereo otto.
Non li conosco, dice il barista. Sono giovane.
All’epoca erano famosi.
Ma cos’era? Musica tipo flauto di pan?, chiede il più giovane.
Roba cilena. Anni settanta, te l’ho detto.
Ah, guardi io sono dell’ottantotto. Al massimo ascolto musica messicana.
Sì, ma quelli erano cileni e comunisti, fa il cliente. Poi alza il pugno. Che Guevara, hasta siempre, dice quasi sottovoce.
Il barista lo guarda con un mezzo sorriso, continua a mettere in fila una serie di tazzine, ad asciugare cucchiaini.
Ho capito, dice. Quella è musica per fricchettoni. No, grazie.
Il cliente scuote la testa, si pulisce le labbra con un fazzoletto di carta.
Ma toglimi una curiosità, dice. Che cazzo è la musica tipo flauto di pan?






 

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