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Letti di Notte a Isili

Letti di notte a Isili

“Sa poesia a bolu est unu donu”. Così mi dice tziu Antonino Atzeni, cantadore di Nurri che mi guarda con occhi sagaci e le labbra distese in un mezzo sorriso.
Tziu Antonino Atzeni è un campione di poesia orale estemporanea improvvisata, ha appena vinto la settima edizione di “Sa Gara” a Nurachi. “Ma deu seu dilettanti”, si schernisce lui, che in realtà è molto più che un dilettante anche se non lo vuole ammettere.
“Tui ses de Casteddu?”, mi chiede a un certo punto. Gli dico di sì. “Propriu casteddaiu casteddaiu?”, mi chiede un po’ sorpreso. Annuisco, indeciso se chiedergli il motivo di questo stupore. E alla fine non glielo chiedo, a tziu Antonino, perché è stupito delle mie origini casteddaie. Forse si sta solo chiedendo com’è che un cagliaritano si prenda la briga di avventurarsi sino a Isili, in una torrida serata di giugno, per fare l’alba dentro una libreria e festeggiare il solstizio a suon di letture, canti, musica, risate e poesie. O forse no, forse non se lo sta chiedendo, tziu Antonino, perché un po’ ci è abituato, a questo clima informale e un po’ bohèmien con il quale sua figlia Paola manda avanti la libreria Godot.
Paola è adrenalinica, stasera. Ma io l’ho sempre vista così, perciò non mi meraviglio. “Macca!”, la definisce tziu Antonino, con un lampo di affetto puro che gli attraversa lo sguardo.
Macca gi esti macca, confermo io.
Ma senza un po’ di makkiori non si va da nessuna parte, sto per dire, e poi non lo dico, lo penso e basta. Senza un po’ di sano makkiori non puoi nemmeno immaginare una festa così, alla libreria Godot, nella giornata di “Letti di Notte, lettori e librai scatenati”, la prima notte bianca delle librerie indipendenti italiane. Una festa così bella, alla libreria Godot, non la puoi mica tirar su in quattr’e quattr’otto, se non sei una libraia con l’adrenalina a mille.
Peccato che poi tziu Antonino a una certa ora saluti e se ne vada. “Eh, sono anziano, devo riguardarmi”, mi dice. Però l’ho visto ridere e divertirsi davvero come un bambino, seduto su un piccolo sgabello in prima fila, mentre Rossella Faa ci raccontava le sue storie.
Peccato che tziu Antonino non rimanga ad ascoltare le altre letture, peccato che ci regali soltanto un paio di versi improvvisati, a mo’ di augurio e di presentazione, all’inizio della serata. Una persona speciale, il babbo di Paola.
La notte è breve, bisogna far presto. Leggiamo, ascoltiamo, ridiamo, pensiamo, leggiamo di nuovo, ascoltiamo di nuovo, ridiamo di nuovo, pensiamo di nuovo.
E poi sembra quasi che questa notte, che è la notte più breve dell’anno, alla fine non sia così breve, e una volta finite le letture e le canzoni e le storie narrate e le poesie recitate, arriva il momento di mettersi a giocare a palloncini colorati, che è un gioco semplice da fare, dalle tre alle quattro del mattino, se dentro una libreria, in mezzo a scaffali, quadri, locandine, pane di Orroli, tiramisù, bicchieri di vino e bottiglie di acquavite, una ventina di persone abbastanza adulte cominciano a passarsi i palloncini colorati, prima come se galleggiassero nell’aria, poi invece come se viaggiassero alla velocità della luce, da un punto all’altro della libreria, proprio come palloncini colorati impazziti, un po’ adrenalinici anche loro.
Non è un gioco semplice, comunque, il gioco dei palloncini colorati.
E poi, quando è ora di andare alla vigna di Alfredo e di Graziella a vedere sorgere il sole del ventidue di giugno, prendiamo un po’ di cose e saliamo su un pianoro non lontano dal paese, dove è buio pesto e le stelle sono occhi minuscoli che ti scrutano da un enorme drappo nero steso sul cielo. E per fortuna Molly non si fa nemmeno un graffio quando di colpo la vediamo sparire dentro un buco alto quanto un bambino di dodici anni. Molly esce dal buco, si toglie la polvere di dosso, e si mette a ridere, come se cadere dentro quel buco sia la cosa più buffa capitatale negli ultimi tempi. E di certo lo è, una cosa buffa, cadere dentro un buco, nella notte, nelle campagne di Isili, e non farsi nemmeno un graffio.
Il fuoco è acceso, non manca da bere. Ci sediamo davanti ai filari della vigna di Alfredo e Graziella. Una vigna giovane. Si farà, e sarà buon vino.
Siamo stati svegli tutta la notte. Sembriamo un gruppo di spettatori bizzarri e strampalati, lettori mannari, lettori scatenati, lettori testardi, lettori che aspettano l’alba di un nuovo giorno. Di un giorno che sarà bello, perché al momento di andare via e di salutarci, ci abbracciamo forte e ci stringiamo le mani, ché mica si disperde in un attimo tutta questa energia, no, questa è un’energia che ce la portiamo appresso ancora per un bel po’, questa è un’energia che, se le cose andassero sempre così, se il mondo fosse tutto libri, musica, storie, palloncini e poesia, io ci metterei la firma. E non solo io, penso.

 

8 Comments

  • Anna

    22 Giugno 2012 at 17:45

    Grazie davvero Gianni… perché il punto è raccontarle queste storie, storie di uomini e libri, poesie e musica, con sapienza e leggerezza… affinché restino impresse nella memoria, possano viaggiare e insinuarsi nella mente, scorrere nel sangue frizzanti come quel vino…
    e lasciarci rapiti… incatenati a quel sogno…
    per tutte le prossime notti… e non solo

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  • Carlo C.

    23 Giugno 2012 at 17:16

    Nel buio della notte brillano sempre le stelle…. gli amici! Anche se lontani li senti e se li senti li vedi anche con gli occhi del cuore

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  • Luciana

    24 Giugno 2013 at 15:38

    Anche mio padre era un poeta, un cantadore, improvvisatore (ma Poeta mi piace di più, è una parola rotonda, che comprende tutto: tutto l’amore del mondo, quindi la vita, e il mondo, appunto). Grazie per avermelo ricordato. Mi mancano i suoi occhi. Grazie.

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    • Gianni

      24 Giugno 2013 at 16:37

      Ciao Luciana,
      grazie a te per il bellissimo commento e per il ricordo di tuo padre.
      Concordo con te: Poeta con la P maiuscola è meglio, comprende tutto.
      Ne abbiamo bisogno, di poeti. Oggi più che mai.
      Un abbraccio e buona poesia
      G.

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