Quel giorno lì

Quel giorno lì.

Io, quel giorno lì, che sembrava un giorno d’estate come gli altri, una mattina qualsiasi, avevo quasi diciott’anni.
Io, quel giorno lì, non ricordo come o da chi appresi la notizia. Forse dalla radio, forse dalla tv, una delle due.
Io, quel giorno lì, mi ricordo dove. Mi ricordo che ero a casa. E dopo aver saputo uscii, non sapendo neppure dove andare. Neanche mi interessava sapere dove andare. Avevo voglia di nulla, di andare e basta.
Io, quel giorno lì, risalii le stradine di Villanova sino a arrivare a Buoncammino. E poi giù fino al Bastione di Saint Remy, piazza Costituzione, via Garibaldi, piazza Garibaldi. E di nuovo tra i vicoli di Villanova.

Io, quel giorno lì, camminavo per le strade della mia città. Camminavo, camminavo, camminavo. E piangevo.
La rabbia. Una rabbia che non riuscivo. Camminavo e piangevo.
Io, quel giorno lì, piangevo sentendomi incapace di tutto. Incapace di compiacermi dei miei quasi diciott’anni.
L’odio, lo sdegno. La sensazione di vuoto, dopo aver saputo.
Io questo mi ricordo, di quel giorno lì.

Mi ricordo che pensavo una cosa, una sola cosa: fascisti di merda, fascisti di merda. Solo quello pensavo. Piangevo e pensavo: fascisti di merda, fascisti di merda. Non posso credere che lo abbiano fatto, pensavo, non ci posso credere. Che poi ancora nessuno sapeva bene chi o che cosa. Ma non c’era bisogno. Già sapevamo.

Ché ogni verità è una non verità. Ché la verità non esiste, né mai esisterà.

 

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nella foto, quel giorno lì

 

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