Carteggi (19)

Carteggi (19).

Ciao, ho perso il tuo indirizzo. E piove. Piove da due giorni, ininterrottamente. A molti piace, la pioggia. Alcuni la trovano perfino rassicurante. Ecco, a volte vorrei essere così: rassicurante, proprio come la pioggia. Invece no, non sono affatto rassicurante. Sono storto. Che cosa voglia dire, che cosa significhi, non lo so con precisione. Però sono storto, e il resto mi sembra che conti meno di quanto dovrebbe. Ogni altra cosa. Dovresti saperlo, non sono poi cambiato così tanto, da quel giorno di marzo in cui ci siamo incontrati per la prima volta. Me lo ricordo bene, eri appoggiata allo sportello di un’auto, avevi una mano tra i capelli e sembravi imbarazzata. Eravamo imbarazzati entrambi. Non sapevo che cosa volessi da me. Nemmeno pretendevo di saperlo, sia chiaro. Ma quei continui silenzi, quelle continue non risposte, meditate con gli occhi bassi e le dita che accarezzavano nervosamente il tessuto dei nostri abiti, dei nostri cappotti, erano destabilizzanti, incapaci di coprire per intero il vuoto dei nostri discorsi. Adesso come allora, mi sento sempre un po’ nudo, davanti a sentimenti così inadatti. Forse è la mia natura, precipitare da uno stato d’animo all’altro, per poi ritrovarmi sempre in bilico tra un sì e no, tra partire e tornare, tra un arrivederci e un addio. Un tempo tutto mi sembrava complicato, soprattutto le cose più semplici. C’era sempre una qualche urgenza che mi reclamava e non riuscivo ad ammorbidire la realtà contro la quale inesorabilmente andavo a sbattere. Camminavo al buio convinto che ogni scia luminosa rappresentase una trappola da evitare, un ostacolo da saltare. Ero fiero della mia severità, che molto spesso scambiavo per tenerezza. Avevo un sistema di vita, come dire?, estetico. Forse più sincero che originale. Vorrei potermi confrontare oggi con quel campionario di idee strampalate e velleitarie. Ma che senso avrebbe? Quale risultato otterrei? Immagino nessuno.
Ho perso il tuo indirizzo e non so darmi pace. Potrei averlo smarrito deliberatamente? Pensi che ne sarei capace? Da bambino ero capace di fare cose strabilianti. Quando i miei genitori mi portavano al mare, infilavo la testa nell’acqua per non sentirli litigare. Potevo stare più di un minuto senza respirare. A ripensarci, quanti minuti sprecati.
Bene, torno alle mie faccende di bauli, quaderni e fuorilegge.
Se leggerai questa mia, vorrà dire che ho ritrovato il tuo indirizzo. O che ti ho appena incontrata e ho approfittato di un tuo momento di distrazione per infilare la lettera nella borsa.
Ciao.
H.








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