Carteggi (24)

Carteggi (24).

Ciao,
sono le undici e undici. Buffo, no? Alle dodici e dodici scriverò Sono le dodici e dodici. E così via, finché non mi stancherò di scrivere. L’altra sera sono rimasto a ruminare per un bel po’ sopra la tua ultima lettera. Nel rovescio del terzo foglio ho scoperto una macchia di unto, o qualcosa del genere. Tutto ciò è paregorico, ho pensato. Il termine paregorico mi è venuto spontaneo, avevo appena letto un libro in cui l’autore a un certo punto scrive Quanto sopra è paregorico. Non sapevo che cosa significasse, il termine paregorico. Adesso che lo so, non riesco a farmelo uscire dalla testa. Lo ripeto in continuazione, tra me e me. Guardo il cielo e penso Ma quanto è paregorico. Guardo la vicina che stende la biancheria e penso Questo è molto paregorico. Guardo il cane dietro quel cancello e penso No, questo è tutt’altro che paregorico. E così via.
Sempre in quel libro lì, l’autore scrive Non c’è nulla di misterioso nelle malattie, nei delitti, nella guerra, nelle mille e una cosa che ci perseguitano. Vivete con semplicità e saggezza. Dimenticate, perdonate, rinunciate, abdicate.
Strano, ho pensato. Non è proprio di questi argomenti che discutevamo quel giorno di maggio trascorso a innamorarci del profumo delle fragole? Quanto tempo è passato? Quindici, sedici, diciotto anni? Il proprietario del bar era un ragazzo turco? La moglie aspettava un bambino? Il mondo era davvero un posto migliore? La musica che ascoltavamo era davvero inascoltabile? Perdonare, rinunciare, abdicare: perché continuiamo a discutere sempre delle stesse cose?, ho pensato.
Non è ancora Natale, ma presto lo sarà. Ti regalerò un accappatoio. Il sorteggio così ha voluto. Ero indeciso. Non sapevo come fare. Così ho preso un foglio di carta, ho ritagliato otto piccoli rettangoli e su ognuno di questi ho scritto il nome di un oggetto. Poi li ho piegati, li ho infilati in un sacchetto e dopo cena ne ho estratto uno a sorte.
Ti vorrei raccontare della gente che corre. Sono successe cose strane, qua intorno. Davvero molto strane. Ma adesso è tardi, sarà per un’altra volta.
Sono le dodici e dodici. Buffo, no?
Stammi bene.
Tuo, Cauto Ottimismo.






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