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Dell’amore e di altri scolapasta

Dell’amore e di altri scolapasta.

Oggi ho voglia di scrivere d’amore.
Love Is Just A Four-Letter Word, L’amore è soltanto una parola di quattro lettere, dice una canzone di Bob Dylan, che in realtà vorrebbe dire L’amore è soltanto una parolaccia, perché four-letter word in inglese si usa soprattutto per indicare un insulto. Parolaccia o no, mi sembra che spesso l’amore non possa fare a meno della musica. All You Need Is Love, cantavano i Beatles. Nella letteratura dei Beatles la parola Love è tra le più esemplari. All You Need Is Love, però, è ben altro. Non è l’amore adolescenziale di She Loves You. All You Need Is Love è stata composta per un evento mondiale. Nel 1967 la BBC mandò in onda il suo primo programma televisivo in diretta planetaria: 26 nazioni, 350 milioni di persone. E i Beatles ricevettero l’incarico di comporre una canzone per l’evento, come contributo del Regno Unito. Serviva una canzone con un messaggio semplice, comprensibile a tutti. All You Need Is Love era la canzone. Conteneva uno slogan universale e senza equivoci: l’amore è tutto, tutto quello che serve. Si potrebbe stare giorni a discutere su come è cambiato il mondo dal 1967 a oggi.
Nel 1967 c’erano i figli dei fiori, c’era la rivoluzione culturale, di lì a poco ci sarebbe stato il maggio francese, la rivolta degli studenti. C’era la guerra in Vietnam, c’erano le guerre di liberazione in Africa, c’era Cuba, di lì a qualche mese Che Guevara sarebbe stato ucciso in Bolivia. I Beatles nel 1967 sono già una cosa diversa dai Beatles di qualche anno prima. Da fenomeno pop e di massa legato alle canzonette, diventano icone della scena psichedelica, lasciano Londra e si rifugiano in India dal guru Maharishi Yogi. Quando quel giorno del 1967 cantano All You Need Is Love, ci sono 350 milioni di telespettatori in diretta tv mondiale. I Beatles quel giorno cantano l’amore senza confini o barriere, il rispetto reciproco, l’amore tra i popoli, l’amore delle madri e dei padri, l’amore dei figli, l’amore fraterno, l’amore tra gli amici, l’amore omosessuale, l’amore in rima, l’amore baciato, ogni altro tipo d’amore che si possa immaginare.
Due anni prima, nel 1965, Bob Dylan, in Love Minus Zero/No Limit, cantava My Love She Speaks Like Silence, il mio amore parla come il silenzio. E poi uno si chiede perché gli abbiano dato il Nobel, a Dylan. Il mio amore parla come il silenzio. Quale altro verso potrebbe essere più affascinante? C’è una verità assoluta e incontrovertibile, in quel verso. Perché è nel silenzio, il silenzio di uno sguardo, il silenzio di un bacio, il silenzio di un’alba, il silenzio di una giornata grigia, il silenzio di un pensiero, è lì, nel silenzio più completo, che spesso si trova l’amore. Come canta Roberto Benigni in Quanto t’ho amato, Nell’amore le parole non contano. E siccome le parole non contano, mi è venuto in mente che scrivere d’amore è una specie di controsenso. Un po’ come diceva Frank Zappa a proposito della musica: Parlare di musica è come ballare di architettura.








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