Carteggi (23)

Carteggi (23).

Ciao, ma è ancora questo il tuo indirizzo? Hai forse cambiato casa? O vivi sempre con quel cane rognoso di tuo cugino?
A ogni modo, non so se questa lettera sia il modo migliore per dirti che non ti penso. Forse sì, non ne ho la certezza. Però volevo farti sapere che me la cavo. Me la sto cavando. Lo sai, la mia attitudine è sempre stata quella di imprigionarmi in una stanza che non avesse la benché minima indicazione di un’uscita secondaria.
Cambiare è difficile.
Ora faccio il progettista di tappi di sughero. Non so se sia il modo migliore per affrontare il presente. Non so nemmeno che cosa sia il presente. Dalla luce del sole e dalle ombre della notte non riesco a trarre ispirazioni migliori. La mattina c’è un’eccessiva diffusione di raggi solari. Ciò mi infastidisce. L’instabilità emotiva: ecco il problema. Sai come ci si sente, no? Collezionare conchiglie è inutile.
A proposito: ti ringrazio per l’invito. Da almeno cinque anni, tuttavia, evito di andare ai matrimoni degli amici. Se proprio devo, preferisco i matrimoni degli sconosciuti. Ci incontro sempre qualcuno che ha sempre qualche buona idea su come trasformare la vita degli altri in un recipiente per abluzioni.
Come forse avrai intuito, non ho più certezze assolute. Non dico certezze matematiche, ma quasi. Non ti penso, questo è assodato, ma se ti dicessi che a volte mi manchi e basta, farei un torto al concetto di assenza. Se ti dicessi che da qualche parte nei miei ricordi c’è un mosaico di occhi, nasi, orecchie, colli, mani, piedi, gambe, ventri e braccia che compongono la figura di te e me abbracciati come rami di lecci al vento, farei un torto al concetto di ricordo.
Il resto, come logica vuole, è avvolto da mantelli di dubbi e puntellato di interrogativi e ammassi uniformi di domande simili a zampette di ragno. Mi guardo allo specchio e ho l’impressione che i miei occhi abbiano divorziato: ognuno di essi si muove soltanto per essere, non per vedere.
Ti auguro ogni bene possibile, anche se a dirla tutta non me ne frega niente. Né di te, né di tuo cugino. Tantomeno del matrimonio.
Spero che avrai l’accortezza di non rispondermi.
Tuo,
Glauco









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