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Cose che ho pensato (quarantatré)

Cose che ho pensato (quarantatré).

220.
Una volta ho pensato di raccontare ad Arturo di quando ero bambino e mia mamma mi mandava a fare la spesa dal salumiere. Che poi non vendeva soltanto salumi, il salumiere. Vendeva di tutto. Olio, pane, biscotti, pasta, mozzarelle fresche, latte fresco, frutta, verdura, dentifricio, varechina, detersivo per i piatti. Di tutto. Mi piaceva andare dal salumiere. Signor Tonino, si chiamava. Che una volta gli avevo rubato i fruttini della Zuegg. Erano buoni, i fruttini. Fatti di marmellata solida e avvolti nella plastica, dura e trasparente. Un morso al pane, un morso al fruttino. Quattro gliene avevo rubato un giorno. Signor Tonino lasciava i contenitori bene in vista, vicino alla cassa, e mentre serviva i clienti o affettava il prosciutto, si distraeva e nemmeno ci guardava, a noi ragazzini che andavamo a comprare la merenda prima di entrare a scuola. Quattro fruttini mi ero messo in tasca. Il cuore che batteva all’impazzata per paura che signor Tonino mi scoprisse. Secondo me ce l’avevo scritto in faccia, che avevo appena rubato quattro fruttini. Ma lui non se ne accorgeva. O, se se ne accorgeva, faceva finta di nulla.
Comunque è meglio se non gliele racconto, queste cose, ad Arturo. Quello è capace di farmi qualche domanda tendenziosa. O di fissarmi con quel genere di sguardi che poi restano a fluttuare immobili nell’aria per giorni interi.

 

 

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