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Storia breve della letteratura dell’autostima

Storia breve della letteratura dell’autostima.

Il mio nome è Cristoforo Retino e ogni giorno scrivo una lettera d’amore all’amore mio. Ogni mattina prendo un foglio bianco, formato A4, lo piego in due, in modo che possa scrivere su quattro lati, mi siedo alla scrivania, afferro la penna, un roller a inchiostro liquido, nero, punta 0.5, e scrivo. Scrivo, scrivo e scrivo. E mentre scrivo penso ai momenti in cui mi sono sentito pieno d’amore guardando l’amore mio. Scrivo, scrivo e scrivo. E mentre scrivo faccio attenzione allo stile, alla grammatica e alla punteggiatura. Scrivo, scrivo e scrivo. E mentre scrivo penso ai momenti in cui ho sentito le vertigini guardando negli occhi l’amore mio. Scrivo, scrivo e scrivo. E una volta giunto al termine lascio uno spazio bianco per dare più enfasi alla frase conclusiva.

“Amore mio, oh amore mio amatissimo, ricordati che t’amo e sempre t’amerò.
Profondamente tuo,
C. Retino”

L’ultima rifinitura è un piccolo cuore disegnato a mano.

Quindi infilo il foglio dentro una busta bianca, scrivo l’indirizzo del destinatario, affranco e spedisco.
Per due o tre giorni vivo nel palpito dell’attesa, come tutti gli innamorati che aspettano. Non mi muovo, non esco, non mi allontano da casa. Sto immobile, imprigionato nell’incantesimo del tempo sospeso, perché so che gli eventi tanto attesi si imprimono nella memoria, assumono un significato nella vita.
Poi, comunque, l’attesa finisce e la lettera arriva. Neanche l’apro. La guardo, la soppeso e la rigiro tra le dita. Infine, la metto in un cassetto, insieme a tutte le altre che in questi anni mi sono scritto e spedito.

 

 

rospo-smeraldinonella foto, enfasi

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